La rinascita: aspetti urbanistici di Longarone
Con la distruzione totale di un paese spariscono i segni storici del passato e resta lo sgomento, la disperazione e il ricordo di ciò che non c'è più e che mai si riavrà.
Il vero dramma, il vero Vajont incominciano dopo il passaggio dell'onda distruttrice, quando si ha l'amara scoperta di un mondo interamente cancellato. Ma è proprio in quei momenti di disperazione che si sente nascere e crescere dentro una forza tenace e testarda, la volontà di ricostruire il proprio paese e la propria comunità.
Nei giorni successivi al disastro venne affrontato dai pianificatori la problematica della ricostruzione; vennero definiti gli obiettivi generali di un piano urbanistico, i principi fondamentali del "piano Samonà":
1- ricostruzione di Longarone sullo stesso posto del medesimo abitato;
2- integrazione dell'abitato di Longarone con quello di Castellavazzo e delle frazioni di fondo valle;
3- articolazione interna di questo sistema di urbanizzazione;
4- integrazione del sistema dei due Comuni nel quadro di un più vasto territorio a carattere comprensoriale.
Il nucleo abitativo della vecchia Longarone era costituito dalla strada statale, che aveva un andamento serpeggiante, e dalle case più importanti edificate lungo quest'asse. Ricostruire sullo stesso posto significava anche ricostruire con i parametri abitativi odierni, con i modelli di abitabilità adeguati ai nuovi standard costruttivi.
Le scelte del Primo Piano Urbanistico trasformavano radicalmente la situazione precedente, basandosi su quattro punti:
1- una strada alta, una via principale, una variante della strada statale;
2- un'area tra via Roma e la nuova Alemagna riservata ad attrezzature pubbliche e a servizi civici e comprensoriali;
3- i servizi di quartiere;
4- un'area a valle dell'Alemagna fino al greto del Piave riservata a servizi sportivi e scolastici e ad attività produttive.
La matrice di tali principi è rimasta, ma difficoltà di progettazione ed attuazione hanno comportato numerose (ben 24) varianti. Il primo schema del centro di Longarone venne approvato nel marzo 1964; tale piano, leggermente differente da quello originario, venne approvato definitivamente all'inizio del 1965: di esso rimane solo la matrice urbanistica poiché altri architetti avevano concordato con i cittadini altre e diverse soluzioni.
Comunque le abitazioni distrutte vennero ricostruite con i benefici della legge 1457/63; le opere pubbliche sono state finanziate dalla stessa legge con successive integrazioni.
La nuova Longarone esprime una tipologia archittettonica molto lontana da quelle tradizionali dei paesetti di montagna: è un centro immerso nel cemento armato, molto criticato e poco accettato dagli stessi longaronesi.
Alcuni edifici portano la firma di illustri architetti, dalle scuole elementari (Arch. Dardi), alle case a schiera "Bunker" (Arch. Pastor), alle gradinate (Arch. Tentori). (vd fotografie nella Mostra Fotografica)
Si potrebbe azzardare che un lato positivo della tragedia del Vajont lo si potrebbe rinvenire nella modernità che è arrivata con la ricostruzione: una modernità sia a livello industriale (Longarone è uno dei poli industriali più grossi del Veneto), sia a livello domestico (le abitazioni sono state ricostruite secondo i canoni odierni), ma non si può assolutamente fare a meno di ammettere che questa stessa modernità sarebbe comunque arrivata, anche senza il disastro del Vajont, magari con qualche anno di ritardo, ma magari anche con un prezzo un po' meno caro da pagare...