Chiesa monumentale santa Maria Immacolata di Longarone

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La chiesa di Longarone, costruita dopo la tragedia sui resti di quella precedente, nella seconda metà degli anni '70, su progetto dell'architetto Giovanni Michelucci, è il simbolo della nuova Longarone. Si trova in Piazza J.Tasso, al centro del paese. La sua travagliata realizzazione testimonia il sofferto rinascere della comunità; anche le sue forme rimandano al difficile cammino di ricostruzione del tessuto sociale e dell'identità del paese.

 

Gli spazi, le forme, i materiali, richiamano forte il significato della risurrezione. La visita alla chiesa si snoda in un percorso fisico e spirituale che accompagna il visitatore  attraverso la storia e i sacramenti. All'esterno della chiesa sono sempre visitabili il memoriale delle vittime, il museo Pietre Vive e l'aiuola monumento alla sollidarietà del Vajont.

Interno della Chiesa

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Battistero con via crucis

Battistero con via crucis

 

Anfiteatro superiore alla Chiesa

24 Anfiteatro Con macchina rotante

 

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 Crocifisso del Vajont e architettura

All'interno della Chiesa è possibile vedere la madonna mutilata ritrovata la mattina dopo il disastro a Fossalta di Piave e Gesù crocifisso anch'esso mutilato. 


Foto della Madonna appena ritrovata e ad oggi all'ingresso della Chiesa

Madonna di Longarone mutilata fossalta

 

All'entrata della Chiesa, sula destra, potete trovare il museo Pietre Vive dove si possono trovare numerosi reperti e foto di Longarone e della Chiesa prima del disastro.

 

CHIESA PARROCHIALE DI LONGARONE 

La sera del 9 ottobre 1963 un ‘enorme massa compatta frana dal monte Toc finendo nel bacino artificiale del Vajont. Delle tre ondate che si generano due rimangono contenute tra lo stesso Toc e il dirimpettaio Borgà spezzando i comuni della valle friulana e il cantiere della diga appena terminata; la terza supera invece l’invaso per precipitare sui sottostanti paesi della valle della Piave. In meno di dieci minuti perdono la vita più di 1900 persone. La nuova chiesa di Longarone è simbolo di rinascita da quella tragedia e proprio in questo è “monumentale” ovverosia monito e richiamo al valore supremo della vita da salvaguardare in ogni circostanza. 

ARTE

L’idea caratterizzante la chiesa parrocchiale di Longarone è “la salita al Golgota”. Il compito assunto dal’arch. Giovanni Michelucci (Fiesole 1891- Firenze 1990) era da un lato quello di corrispondere alla nuova concezione comunitaria e all’impostazione disegnate dal Concilio, dall’altro di costruire un “monumento ammonimento” che fosse, insieme, testimonianza di una tragedia, ricordo delle vittime e luogo di ricomposizione sociale oltre che spirituale. Ecco quindi la rampa a spirale che collega i due spazi sovrapposti, tanto carichi di simboli da risultarne forse schiacciati. La via Crucis comincia simbolicamente dalla quota interrata , con alcuni resti del precedente edificio sacro scomparso qui ricomposti. Successivamente sale costeggiando le lastre metalliche recanti i nomi delle vittime del Vajont e prosegue, sempre all’esterno, sormontata dalla croce. A questo punto si è sulla parte superiore del tempio dove un anfiteatro descrive uno spazio aperto alla comunità mentre un analogo volume gli fa quasi da fondamenta, luogo di sepoltura del Cristo risorto attorno a quale l’assemblea cristiana si dispone. L’ellisse che modella il vano principale della struttura permette il simbolismo della partecipazione umana all’incontro con Dio mediante il rapporto tra i due fuochi della figura, identificabili rispettivamente nell’altare e in un cerchio metallico posto nel pavimento dell’aula verso il quale convergono raggi provenienti da tutta la cavea. 

Tale gradinata avvolge completamente tutto lo spazio arrivando fin sotto l’organo che sta alle spalle del celebrante, affianco a quanto rimane di un Crocifisso smembrato della tragedia. A  destra dell’altare è posto l’ambone , opera del Fiabane come il tabernacolo e l’acquasantiera. Quest’ultima accoglie quanti entrano dalla porta principale affianco la statua mutilata di Maria Immacolata. Scendendo pochi gradini su giunge nell’aula della rinascita, passando accanto alla cappella del Santissimo Sacramento e ad una statua lignea del Cristo. In uno spazio che rimanda nel grembo materno sono controllati il battesimo a destra il confessionale a sinistra, divisi dal dipinto de “il Cristo del Vajont” del long aronese Italo Pradella. Tornando verso lo spazio della collaborazione si può salire a sinistra grazie ad una scala a chiocciola che porta alle gradinate sopraelevate. Solitamente sganciata dal percorso della Via Crucis come è stato qui proposto, è la visita al museo delle suppellettili sacre del vecchio tempio di Longarone. Resti dei sette altari prima esistenti, dell’unico messale ritrovato e frammenti di ogni genere sono infatti esposti assieme a disegni della chiesa distrutta, lungo le pareti di un corridoio che, dallo spazio ospitante le macerie ricomposte già descritto, porta verso la cappella dedicata a Padre Massimiliano Kolbe. Interessante è notare il gioco delle altezze dei volumi proposto dal progettista una volta che, scese le scale affianco l’elenco delle vittime, ci si ritrova quasi (ma non ancora) a contatto con le rovine già descritte. La quota inusualmente ridotta contribuisce ad un senso di “schiacciamento”, dovuto alla ricostruzione di via Roma, che scorre accanto alla Chiesa a un livello più elevato di prima.

DEVOZIONI E PELLEGRINAGGI

 La nuova parrocchiale di Longarone ha ripreso la devozione della Madonna immacolata che era stata della chiesa precedente. La sera del 9 ottobre 1982 la statua ora visibile nell’aula principale fu collocata nella posizione che già le apparteneva dopo essere stata recuperata quasi illesa nella Piave presso Fossalta vicino a Venezia. Proprie di una visita “completa” della nuova chiesa di Longarone sono pure altre due mete: la valle del Vajont e il cimitero delle vittime della catastrofe. Per salire alla prima bisogna percorrere circa 5 km lungo la s.s. 251 della Val di Zoldo e Valcellina fino ad oltrepassare le suggestive gallerie scavate nella roccia visibile anche da Longarone. La visita della frana rende le dimensioni dell’accaduto meglio di ogni racconto ma per coglierne appieno la vastità e la potenza è possibile raggiungerla direttamente attraverso la “pista di servizio”che porta alle borgate di Pineda, Prada e Liron. Il cimitero si trova invece a Fortogna, in località San Martino. Le 1466 croci, delle quali 767 senza nome, definiscono appieno l’immane dimensione della tragedia.

IL GIUBILEO

Nel portale ad Ovest (in alto a sinistra) è incastonato un mattone dalla porta santa della Basilica di San Pietro, collocato da Pio XII a conclusione del giubileo del 1950 e tolto da Paolo VI all’inizio dell’Anno Santo del 1975.

Esso testimonia il particolare legame dell’edificio con le ricorrenze giubilari.

A maggior riprova si fa notare che la prima pietra è stata benedetta il 9 ottobre 1975 da mons. Gioacchino Muccin, Vescovo di Feltre e Belluno nell’Anno Santo ordinario, dodicesimo anniversario del disastro; mentre la consacrazione è avvenuta il 9 ottobre 1983 per opera di mons. Maffeo Ducoli, Vescovo di Belluno e Feltre, nell’Anno Sacro straordinario della redenzione, per il 1950° anniversario della morte e resurrezione di Cristo, vent’anni dopo la catastrofe.

NOTE DI STORIA LOCALE

Nella zona di Longarone un certo interesse storico hanno le tracce di strada romana ritrovate in località Roggia e l’antico ponte di Muda Maè sull’omonimo torrente.

In tempi più recenti bisogna andare a quanto scampato dalle acque, come il Palazzo Mazzolà (nome della fami9glia veneziana che lo eresse nel 1747 ) e oggi sede municipale, oppure ai “Murazzi”, terrazzamenti della fine del XVIII secolo.

Nel ‘700 Longarone diede i natali ad artisti rinominati quali Nicolò Cavalli, cesellatore, Pietro Gonzaga, scenografo di corte di Caterina di Russia, Catterino Mazzolà librettista anche per Mozart. Ben più importante nel passato fu Castellavazzo.

“Castrum Laebactium” fu toponimo latino tra i primi nel bellunese ad identificare la fortezza romana arroccata sullo sperone della posizione ideale per la difesa e il controllo del territorio e dei  traffici lungo la direttrice della Piave. Fu sede di Piave, dedicata ai Santi Quirico e Giulitta, con una territorialità che dal XII secolo si estendeva sino a Capodiponte, l’attuale Ponte nelle Alpi. Della fine del ‘700 ne è lo smembramento nelle due arcipreture di Castellavazzo e Longarone.

Ritrovamenti di epoca romana non sono frequenti. Il più significativo è un orologio solare oggi custodito nella sede municipale e donato dai “magistri” che reggevano il “pagus” ai “paganis Laebactibus”.

L’iscrizione su pietra rende testimonianza del periodo neroniano (54-68 d.C.). di Castellavazzo è rinomata la pietra, usata anche come pavimentazione del sagrato della parrocchiale del Michelucci. 

Salendo alla frana si può visitare la chiesetta votiva di S.Antonio, costruita nel 1970 in sostituzione dell’omonima preesistente scomparsa in seguito alla creazione del bacino. Il progetto dell’ing. Barcelloni Corte è ora monumento a ricordo delle numerose vittime perite in quel luogo. All’interno è collocato un Cristo protettore dello scultore bellunese Frenco Fiabane.

STORIA DELL’EDIFICIO

La nuova chiesa parrocchiale di Longarone muove il primo passo ufficiale il 5 febbraio 1965 allorché il Ministro dei Lavori Pubblici demanda la ricostruzione di tutti gli edifici pubblici, chiesa compresa, all’Istituto per lo Sviluppo dell’Edilizia Sociale. Il desiderio di un nuovo tempio è in realtà cosa precedente tanto che pochi mesi prima dopo il disastro venne benedetta la Chiesa prefabbricata, costruita sulla piana davanti al municipio nel novembre- dicembre 1963 e utilizzata, in via del tutto provvisoria, già dal Natale di quell’anno a lavori non ancora ultimati.

La scelta del progetto da realizzare è complessa e a tratti irrispettosa dell’opinione dei superstiti.

Forte della paternità dei finanziamenti l’ISES interpella alcuni architetti, tra cui G. Michelucci e A. Gurekian, che era stato già incaricato della Parrocchia di Longarone di stendere un progetto per la nuova Chiesa. Il 15 novembre 1966 la commissione giudicatrice decreta il successo di Michelucci, che tenta più volte di farsi da parte per stemperare le avversità dei parrocchiani, contrari alla sua designazione, ma alla fine viene nuovamente conquistato all’impresa.

Del ’67 sono quindi i disegni esecutivi, von varianti che si rincorrono fin nel decennio seguente quando , nel 1975, l’impresa Ferraro di Padova si aggiudica l’appalto e, con maestranze quasi interamente locali, svolge i lavori tra l’ottobre ’75 e il novembre ’77. Nell’aprile 1981 l’edificio è consegnato alla Parrocchia con i segni essenziali della Chiesa cristiana, altare e battistero, mentre il tabernacolo, ambone, campanile e organo saranno ultimati in tempi successivi.

L’uso continuato dell’opera consente di apprezzarne la funzionalità e di coglierne l’invito alla speranza che essa emana, perché insegna a tutti che la vita è più forte della morte. Infatti come Cristo crocifisso è risorto, così Longarone distrutta ora è ricostruita.

La Chiesa non ha mai avuto come proprio un particolare stile artistico, ma, secondo l’indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari Riti, ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli , un tesoro artistico da conservarsi con ogni cura. Anche l’arte del nostro tempo e di tutti i popoli e paesi abbia nella Chiesa libertà di espressione, purché serva con la dovuta riverenza e il dovuto onore alle esigenze  degli edifici sacri e dei sacri riti.

Costruzione sulla Sacra Liturgia “Sacrosantum Concilium”.

 

 

 

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